Oratorio di San Bernardino
Oratorio di San Bernardino, Lallio
Cristoforo III Baschenis
Storie di san Bernardino
L’Oratorio fu costruito a partire dal 1450, subito dopo la canonizzazione del santo senese, e fu interessato a partire dal 1532 da un importante rinnovamento strutturale (con la costruzione delle cappelle laterali) e iconografico: almeno tre pittori vennero invitati, nel tempo, a decorarne interamente le pareti all’interno.
A Cristoforo III Baschenis il Vecchio si deve l’intervento nella zona antistante il presbiterio, una trentina di anni dopo l’ampia campagna decorativa precedente – nella cupola e nelle cappelle dedicate a santa Caterina e a san Rocco – ad opera di Girolamo Colleoni.
La data 1564, ai piedi del Sant’Antonio Abate sulla spalla sinistra dell’arco trasversale, conferma il momento della realizzazione del ciclo e, a compendio della firma, è accompagnata da un minuscolo stemma di famiglia con i bastoni incrociati.
Sulle due pareti della terza campata Cristoforo dipinse le Storie di San Bernardino, suddivise in undici riquadri su tre registri, che raccontano con immediatezza ed efficacia la vita del Santo, dalle opere di carità in giovane età alla morte, seguendo un ordine di lettura dall’alto al basso e da sinistra a destra.
I riquadri sono scanditi da eleganti semicolonne decorate con motivi floreali stilizzati e corredati da didascalie in italiano che ne facilitano la lettura. Le scene si presentano vivaci negli accordi cromatici, generalmente popolate da folle di fedeli e religiosi che suggeriscono l’idea di una partecipazione corale dei devoti, disposti in scenari di spaziosa profondità. Alla mancanza di caratterizzazione dei volti dei singoli personaggi sopperisce l’eloquenza dei gesti, che richiama il clima teatrale delle sacre rappresentazioni.
La ricerca di un’armonizzazione tra le storie narrate e il punto di vista dello spettatore reale riesce anche nella sicura costruzione prospettica delle architetture dipinte, sempre varie e suggestive come quinte di una scenografia. Insomma, ogni mezzo figurativo è messo in campo per arrivare a presentare queste affascinanti descrizioni di fatti avvenuti poco più di cent’anni prima in maniera interessante, puntuale, scorrevole e insieme memorabile.
Sempre a Cristoforo Baschenis si devono i busti dei Profeti e delle Sibille che si affacciano da finte finestre dipinte nei sottarchi della navata, e le Sante nei timpani degli archi trasversali, che si sporgono da oculi circolari.
La serie di questi ritratti immaginari, soprattutto per le figure femminili, qualitativamente più convincenti, dà vita ad una elegante galleria di tipi, abiti e acconciature alla moda del tempo.