Sant’Alessandro della Croce, casa parrocchiale

Sant’Alessandro della Croce, Casa parrocchiale, Bergamo

Cristoforo III Baschenis il vecchio (e Giovanni Battista Guarinoni?) 

Le nove Muse, in un fregio con finte statue di divinità classiche 

 

Il palazzetto signorile, di cui non sono note le vicende edilizie più antiche e che in un momento imprecisato entrò a far parte delle disponibilità della parrocchia di sant’Alessandro della Croce, fu infine adibito a casa parrocchiale, come è tuttora. 

Il salone principale, collocato al primo piano nobile, prospetta su via Pignolo e presenta un soffitto a travi e tavelle in legno (purtroppo levigato da un rifacimento moderno), un grande camino e una decorazione pittorica di soggetto profano che interessa la parte superiore delle pareti, formando un alto fregio orizzontale su tutti e quattro i lati.

Gli affreschi costituiscono una finta fascia architettonica con eleganti cornici mistilinee all’antica, ciascuna delle quali inquadra la personificazione di una delle nove Muse, mentre sotto ogni riquadro un cartiglio contiene il nome della divinità rappresentata. Le dee stanno elegantemente sedute a terra in uno scenario paesaggistico ricco di molti elementi descrittivi e sono accompagnate da strumenti e oggetti caratteristici delle arti che patrocinano.  

Tra una cornice e l’altra si dispiega un ricco apparato ornamentale, composto da nicchie che ospitano finte statue bronzee di divinità pagane, pilastri, telamoni, mascheroni, ghirlande e festoni vegetali. Il soggetto profano di queste figurazioni conferma una iniziale destinazione d’uso del palazzo appunto a residenza signorile, come si diceva all’inizio. 

Sulla base di confronti stilistici con opere di sicura paternità, il ciclo pittorico inedito fino a pochi anni fa è stato ricondotto a Cristoforo III Baschenis il vecchio, che forse lo eseguì agli inizi della sua attività, negli anni sessanta del Cinquecento, indicativamente nel periodo in cui lavorava anche in un’altra vicina dimora di via Pignolo, il palazzo Mazzoleni Grataroli De Beni.

Alcuni elementi potrebbero far supporre anche l’intervento del giovane nipote di Cristoforo, figlio della sorella Lucia, e cioè Giovan Battista Guarinoni: il naturalismo dei paesaggi, certe morbidezze dei panneggi, le pennellate più fluide che pare di leggere nei decori a fiori e frutta possono anticipare le soluzioni che troveremo in sue opere sicure come il ciclo del 1577 in San Michele al Pozzo Bianco. 

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