Santa Maria dell’Incoronata

Santa Maria dell’Incoronata, Martinengo 

Pietro Baschenis 

Storie di san Francesco; tramezzo con la Crocifissione e scene della Passione 

 

Il Convento francescano, oggi di proprietà della Congregazione della Sacra Famiglia, fu fatto costruire da Bartolomeo Colleoni e la chiesa venne consacrata nel 1476, l’anno dopo la morte del condottiero.

L’edificio esternamente appare fedele alla tradizionale architettura lombarda quattrocentesca in laterizio e presenta un piccolo portale di ingresso con una Natività poco leggibile, affrescata in alto nella lunetta.

L’interno presenta un’unica navata, suddivisa in due aree dal tipico tramezzo delle chiese francescane dell’epoca; sul lato sinistro sono presenti quattro cappelle.

La decorazione pittorica della chiesa è assai ricca: nell’abside si trovano gli affreschi più antichi, opera di un anonimo artista gravitante ancora nell’ambiente dei Bembo, raffiguranti l’Incoronazione di Maria, Angeli musicanti, Evangelisti, Dottori della Chiesa e Santi; a lui spetta anche la Gloria di san Francesco sulla parete di fondo della prima cappella a sinistra. Al Maestro di Martinengo, altrettanto anonimo, sono attribuiti invece l’Annunciazione e gli altri affreschi dell’arco trionfale. 

Proprio la prima cappella sinistra vede il primo intervento dei Baschenis, il cui esordio sarebbe merito di Antonio con l’isolata figura dell’Angelo custode sul pilastro destro di ingresso.

Di seguito il figlio Pietro – al quale risulta un pagamento nel 1623 – ha certamente eseguito la decorazione dell’intero ambiente con Storie di san Francesco: a cominciare dalla volta, molto ben conservata con i quattro ovali incorniciati da ornati dipinti che imitano rilievi in stucco bianco, per proseguire con il sottarco d’ingresso con i santi francescani martiri in Marocco e completarsi sulle pareti laterali con altre scene francescane, riscoperte solo nel 1992 sotto lo scialbo. 

La seconda fase di attività di Pietro riguarda invece il monumentale tramezzo, probabilmente già dipinto in precedenza visto che si intravvedono parti di intonaco policromo sotto la stesura attuale. Il committente fu Contino de Mamolis, comandante di origine albanese di una compagnia di tremila mercenari, che offrì la spesa delle pitture come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta in paese dal 1624 al 1627: questo spiega l’iscrizione leggibile sotto la scena della Flagellazione.

È plausibile dunque che i lavori siano iniziati proprio nel 1627 per realizzare l’imponente Crocifissione centrale e i quattro riquadri con Scene della Passione (Orazione nell’orto; Flagellazione; Cristo deriso; Salita al Calvario), completandosi poi in basso con le due monumentali figure di San Giorgio e Sant’Agata, patrona di Martinengo. 

Questa impresa, sicuramente la maggiore eseguita da Pietro, ne conferma il significativo successo dopo una lunga carriera di frescante tra chiese e palazzi di Bergamo e dintorni.

La grande dimensione delle superfici viene risolta articolando uno schema di incorniciature ancora quasi tardo quattrocentesco; così come arcaica è l’impaginazione della Crocifissione, che appare come l’ultimo esito di una consolidata tradizione risalente anch’essa al secondo Quattrocento: non è da escludere anzi che fosse un’esplicita richiesta dei Francescani quella di adeguarsi per quanto possibile al modello iconografico dei numerosi tramezzi affrescati delle chiese dell’Ordine in Lombardia.

Più moderna è invece la composizione degli episodi della Passione, nei quali affiorano temi tardomanieristi ripresi da esempi del secondo Cinquecento lombardo, tra Vincenzo Campi e Simone Peterzano, rimodulati con il linguaggio spaziato e i colori schiariti caratteristici del nostro artista. 

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