Santa Maria in Argon

Santa Maria delle Grazie in colle d’Argon 

 

Pietro Baschenis  

Assunzione della Vergine; Natività di Gesù; Presentazione di Maria al tempio (non più esistenti); Busti entro clipei.

 

La chiesa della Madonna delle Grazie, conosciuta anche come Santa Maria in colle d’Argon, sorge sul colle omonimo in un ambiente di suggestiva bellezza, probabilmente sulle rovine di un tempio pagano.

Le indagini archeologiche compiute alla fine del Novecento testimoniano molteplici interventi costruttivi stratificati sin dall’epoca paleocristiana, tra cui si distinguono la fase risalente ai secoli XI-XII con la costituzione di un piccolo monastero e l’ampliamento del XVI secolo.

L’insediamento è anche da leggere ovviamente in relazione col sottostante importantissimo grande monastero medievale di San Paolo d’Argon, del quale poteva costituire una sorta di eremo. 

Un nuovo intervento riguarda l’area absidale nel 1617, quando l’abate Angelo Grillo commissionò anche una nuova decorazione pittorica della volta, che una consolidata letteratura attribuisce al pittore Pietro Baschenis, indicandone i soggetti: l’Assunzione della Vergine, la Natività di Gesù e la Presentazione di Maria al tempio.

Tuttavia, la decorazione della volta del presbiterio presentava fino a poco tempo fa un ciclo di dipinti ottocenteschi, con i medesimi soggetti, ma realizzati dai fratelli Cesare e Alberto Maironi da Ponte.

Pensando che questo intervento pittorico avesse coperto i precedenti affreschi, nel corso di recenti restauri si procedette allo strappo per ricercare la decorazione precedente: con sorpresa vennero alla luce sulla volta quadripartita in larghe vele altri dipinti, databili alla fine del Quattrocento o all’inizio del Cinquecento, che consentono di ricomporre, pur se in condizione frammentaria, un ciclo del tutto diverso. 

Al centro la Trasfigurazione sul monte Tabor, affiancata ai lati dai Dottori della Chiesa e dai simboli degli evangelisti, e affrontata all’Incoronazione di Maria che sta sulla vela di raccordo con la volta della navata; in basso una teoria di Profeti e Sibille inquadrati entro archetti dipinti che formano un fregio continuo.

Questo ciclo può essere avvicinato all’attività di Jacopino Scipioni, un pittore la cui esatta identità rimane da discutere, ma non certamente a Pietro Baschenis.

Può darsi che i fratelli Maironi abbiano demolito completamente gli affreschi seicenteschi prima di replicarne i soggetti, oppure che abbiano eseguito una ridipintura tanto invasiva da cambiarli radicalmente.

Resta l’indicazione documentaria della presenza di un ciclo ormai scomparso: ma che Pietro avesse lavorato in questa chiesa pare confermato dalla presenza di una decorazione secondaria a lui attribuibile, purtroppo molto abrasa, che si trova su una voltina di passaggio verso una cappella laterale: qui sono raffigurati quattro clipei con altrettanti busti, forse femminili (una circostanza che potrebbe essere legata a una cappella funebre) sullo sfondo di incorniciature barocche a volute che imitano marmi rosa. 

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